Francesco Cavalli

Iniziativa Jelmini “Voto per corrispondenza generalizzato”.


5 giugno 2007

Mia nuora, di origini caraibiche, sposata con un cittadino svizzero da oltre 6 anni, e madre di un cittadino svizzero da 4 anni, fra qualche giorno, il 17 giugno, potrà esercitare finalmente il suo diritto di voto e lo farà recandosi al seggio. Forse non lo farà sempre, ma questo è un evento particolare, come eventi particolari sono le elezioni.
Come ben dice il rapporto di minoranza, “Deporre la scheda nell’urna, esprimendo la propria volontà è atto di cittadinanza di particolare valore. E’ perciò giusto e significativo che il cittadino si rechi personalmente al seggio”

Invece, per i promotori l’introduzione del voto per corrispondenza generalizzato sembrerebbe quasi una necessità per agevolare al massimo l’espressione del voto, in particolare da parte di chi si è ormai abituato a questa modalità prevista per le altre votazioni.
Secondo noi, per contro, non ci sono motivi impellenti per eliminare anche l’ultima occasione in cui l’elettore si reca al seggio. Un atto di cittadinanza da compiere tre volte ogni quattro anni.
L’ordinamento attuale non limita in alcun modo i diritti politici, in quanto la legge già consente il voto per corrispondenza anche per le elezioni a chi è impedito a recarsi nel locale di voto, in quanto degente, carcerato, residente in altri cantoni o all’estero.
Chi temeva che dopo l’introduzione del voto per corrispondenza alle votazioni, la partecipazione alle elezioni con l’obbligo di recarsi al seggio subisse una nuova flessione è stato smentito: nelle recenti elezioni cantonali si è verificata un’inversione di tendenza con un aumento dal 59.4% del 2003 al 62.1% quindi di 2.7 punti, ciò che non trova riscontro negli ultimi decenni.
E non si sono nemmeno avute le code chilometriche paventate a causa dell’accresciuto numero di preferenze esprimibili. Da quanto mi risulta le attese ai seggi sono state del tutto nella norma, anche perché gli elettori hanno fatto un uso limitato delle preferenze (in media 2.5 per il CdS e 15 per il GC).

Un’altra argomentazione a favore del voto per corrispondenza è che esso è ormai in vigore in quasi tutti i cantoni.
Però non possiamo mettere a confronto il calore con in quale sono vissute le elezioni cantonali e comunali da noi e da loro. Basti osservare la partecipazione che a Ginevra non va oltre il 45%; a Zurigo il 34%. Fiborgo, Grigioni, San Gallo presentano pure partecipazioni attorno al 40%.
All’estero però si continua ad andare al seggio, qui spesso con code e attese, ma la partecipazione è di tutto riguardo: Francia 2007: 85%; Italia 2006: 83.6%; Germania 2005: 77.7%; Svezia 2006: 80.3%. In Estonia per contro, nonostante la possibilità di votare tramite internet (di cui hanno fatto uso 30.000 elettori su 940.000), l’affluenza è stata solo del 61 per cento.

In sintesi: il teorema “voto per corrispondenza = maggior partecipazione” è tutto ancora da dimostrare, anzi è probabilmente falso.

La modifica proposta è quindi del tutto inutile ai fini della garanzia dei diritti popolari, ma è anche pericolosa in quanto mette a repentaglio, lo si ammetta o meno, la segretezza assoluta del voto sancita dall’articolo 31 della Costituzione.
Per evitare che il voto possa essere controllabile la legge prevede lo spoglio cantonale e la non distribuzione del materiale di voto a domicilio. Quest’ultima norma è stata ribadita in votazione popolare il 22 gennaio 1995 quando le cittadine e i cittadini ticinesi respinsero in votazione popolare con il 57% di NO una riforma della legislazione sui diritti politici che prevedeva l’invio delle schede elettorali a casa.

Ora con il voto per corrispondenza il materiale di voto verrebbe distribuito con largo anticipo a domicilio e la tentazione di farne un uso non conforme ai principi di segretezza del voto sarebbe evidente. Nelle recenti elezioni cantonali il 38% di elettrici o elettori non ha fatto uso del proprio diritto di voto; ciò equivale 78'000 schede non utilizzate. Se queste schede sono a disposizione c’è la possibilità tutt’altro che remota che esse vengano cedute all’attivista (o galoppino che dir si voglia) di turno e usate in modo improprio.
In fondo tra i diritti del cittadino elettore c’è anche quello di non votare che in questo modo viene un po’ messo in dubbio. E se un altro elettore vota 2 o 10 o 50 volte certo che la partecipazione aumenta ma che prezzo per la democrazia.
Ma più che alle elezioni cantonali pensiamo a quelle comunali, dove lo spostamento di qualche decina di schede può modificare gli equilibri politici nei Consigli Comunali o nei Municipi. In un comune con un migliaio di iscritti in catalogo restano teoricamente a disposizione dalle 300 alle 400 schede che dovrebbero finire nel cestino. Si amplia quindi enormemente lo spazio per manovre che poco hanno a che fare con il gioco politico democratico come spostare qualche decina di voti dal partito A al partito B per fregare il partito C. La storia minuta delle elezioni, quando il materiale era distribuito a domicilio, è ricca di episodi emblematici e anche curiosi.

E non da ultimo risulterebbe snaturata la campagna elettorale che si protrae fino all’ultimo giorno… mentre una parte di elettori ha già votato!

In conclusione il nostro gruppo ritiene che l’espressione del voto presso l’ufficio elettorale ameno per le elezioni vada mantenuta, in quanto al momento sono ancora troppi i rischi connessi in un cambiamento. Le cittadine e i cittadini, anche se abituati al voto per corrispondenza per iniziative e referendum, se sentono l’importanza di una elezione si recano di buon grado al seggio per deporre la propria scheda nell’urna e continueranno a farlo.

Il gruppo PS invita a sostenere il rapporto di minoranza.

Messaggio del CdS e rapporto


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