Stipendi al merito: prima i funzionari poi i docenti
Corriere del Ticino, 18 novembre 2010
Sulla scheda per la votazione cantonale del 28 novembre prossimo viene posta la domanda: «Volete accettare la Legge che modifica
la legislazione in materia di pubblico impiego?». Una formulazione un po' ampollosa dovuta al fatto che si tratta di un decreto che concerne
diverse leggi. Ma questa formulazione finisce con il nascondere il vero problema sul tappeto: la legge sugli stipendi, in particolare gli articoli
che introducono la retribuzione basata sulla valutazione del merito.
Altri hanno già esposto esaurientemente i motivi per cui si invita a respingere questa riforma e mi limito quindi a riassumerli.
I nuovi meccanismi di progressione dei salari saranno meno trasparenti rispetto alla situazione attuale basata sugli scatti di anzianità,
potranno generare rivalità tra gli impiegati di un medesimo settore, favoriranno essenzialmente le classi di stipendio più alte e,
essendo la valutazione delle prestazioni pur sempre soggettiva, potranno prestarsi a favoritismi ed abusi clientelari.
C'è però un aspetto del problema, quello dei docenti, su cui vorrei fare alcune considerazioni, benché la proposta di meritocrazia non
coinvolga, per ora, questa categoria di dipendenti pubblici. Ma è bene sottolineare «per ora».
Nel messaggio governativo e nel rapporto commissionale la questione è liquidata in poche righe: per i docenti rimangono le
classificazioni attuali in quanto risulta difficile applicare in ambito scolastico le stesse modalità di valutazione che saranno
adottate negli altri settori dell'amministrazione. È già un'ammissione che la messa in atto delle valutazioni in ambiti delicati
(oltre alla scuola si potrebbero citare la polizia e l'organizzazione sociopsichiatrica) dovrà confrontarsi con non pochi ostacoli.
Ma, a mio avviso, il vero motivo del perché la scuola resta per ora al riparo dalla meritocrazia è un altro, legato a un preciso calcolo politico.
Consiglio di Stato e Gran Consiglio hanno rinunciato ad applicare subito la valutazione delle prestazioni anche ai docenti cantonali e
comunali semplicemente per attutire le prevedibili opposizioni. Sotto sotto speravano forse che, limitando il provvedimento ai soli impiegati,
avrebbero potuto evitare il referendum. Speranza sonoramente smentita dalle oltre diecimila firme raccolte in piena estate.
Ma i docenti non devono e non possono illudersi. Se, malauguratamente, la nuova legge sugli stipendi dovesse essere accolta il prossimo
28 novembre, non dovremo attendere molto per trovarci confrontati con la sua estensione ai docenti. E le avvisaglie ci sono già.
Mi riferisco all'editoriale dello scorso 11 novembre del quotidiano «la Regione» che conclude: «Ben venga dunque la valutazione
del lavoro (magari estesa anche ai docenti)», alle mezze ammissioni dell'on. Sadis a «Falò» lo stesso giorno e anche alle promesse
elettorali di un autorevole candidato alla successione di Gendotti.
Faccio quindi un caldo appello a tutti i docenti cantonali e comunali affinché si mobilitino a votare e far votare no, prima di tutto per
un senso di solidarietà verso le altre categorie del pubblico impiego, ma anche perché la prossima volta toccherà a loro.
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